Davvero la produzione industriale non cala più, come dice Meloni?

I dati mostrano segnali deboli e intermittenti, non una ripresa vera e propria
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Il 17 dicembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha replicato in Senato ad alcuni senatori dopo le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Tra questi c’era il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che ha accusato l’attuale governo di aver registrato «32 mesi su 36 di produzione industriale negativa».

Nel suo intervento Meloni ha riconosciuto l’esistenza del problema, ma ha respinto l’idea che si tratti di una responsabilità specifica del suo esecutivo, sostenendo che il fenomeno riguardi «l’Europa intera». «Anche qui, si tratta di dati Eurostat: la produzione industriale è calata nell’area euro in modo ininterrotto dal 2023, registrando, dall’inizio del 2025, i primi segnali di inversione», ha detto. «È esattamente la stessa dinamica che abbiamo avuto anche in Italia: la produzione industriale è calata e quel calo dell’indice si è interrotto ad aprile del 2025. Ci sono segnali di ripresa, che chiaramente per noi non sono sufficienti».

La presidente del Consiglio ha poi cercato di chiarire perché, a suo avviso, questo andamento non possa essere imputato all’azione del governo. «Non so se, quando si sostiene che il calo della produzione industriale è colpa di Giorgia Meloni, si stia sostenendo che il calo della produzione industriale in Europa è colpa di Giorgia Meloni o se si stia sostenendo che il sistema industriale italiano debba scollegarsi dal sistema industriale europeo», ha aggiunto. «L’affermazione secondo la quale il calo della produzione industriale sia colpa di Giorgia Meloni oggettivamente è un ragionamento che forse avrebbe potuto funzionare nell’economia pianificata dell’Unione sovietica, ma che non funziona in una normale democrazia occidentale».

In passato, però, Meloni e altri esponenti di Fratelli d’Italia hanno più volte usato il calo della produzione industriale per criticare direttamente i governi in carica, attribuendo l’andamento negativo alle scelte degli esecutivi del momento. Oggi, da presidente del Consiglio, Meloni sostiene invece che si tratti di un fenomeno strutturale e in larga parte europeo, rispetto al quale l’azione del governo nazionale non può essere chiamata in causa.

Al di là delle posizioni politiche assunte nel tempo, resta da capire se i dati che Meloni ha citato in Senato siano corretti oppure no.

Che cosa si misura

Per verificarlo è necessario chiarire innanzitutto che cosa si intende per “produzione industriale” e quali dati si stanno usando. La produzione industriale è misurata attraverso un indice che rileva la variazione dell’attività produttiva nei principali settori industriali, ed è calcolato su base mensile dagli istituti statistici nazionali e da Eurostat per l’Unione europea e l’area euro. 

A seconda di come lo si guarda, lo stesso indice può raccontare storie diverse: si può osservare il livello complessivo dell’indice nel tempo, per ricostruire l’andamento di fondo, oppure analizzare le variazioni mese su mese e su base annua, che permettono di valutare se e quando il calo si sia effettivamente interrotto.

L’andamento della produzione industriale

Il grafico seguente mostra come è cambiata nel tempo la produzione industriale in Unione europea, area euro e Italia. I valori sono espressi come indice con base 2021 uguale a 100: in pratica, un valore sopra 100 indica una produzione più alta rispetto al 2021, mentre un valore sotto 100 indica una produzione più bassa.

Per rendere l’andamento più chiaro ed evitare che il confronto sia influenzato dalle forti oscillazioni mese per mese, i dati sono rappresentati come media mobile a tre mesi, che permette di cogliere meglio la tendenza generale.
Nel grafico – basato su dati Eurostat – si vede che la media dell’Ue e quella dell’area euro seguono una dinamica simile: dopo la crescita tra il 2021 e l’inizio del 2022, la produzione inizia a calare nel corso del 2023 e resta su livelli più bassi per tutto il 2024. All’inizio del 2025 c’è un rimbalzo, soprattutto nell’area euro, ma non una ripresa stabile. 

L’Italia, invece, mostra un calo più marcato e prolungato: la produzione scende prima, diminuisce di più rispetto al resto d’Europa e nel 2025 si limita a una fase di debole stabilizzazione, senza un recupero paragonabile a quello europeo.

Questo primo grafico consente quindi di valutare la parte più generale della dichiarazione di Meloni. È vero che dal 2023 la produzione industriale peggiora anche nell’area euro e che nel 2025 compaiono segnali di miglioramento. Allo stesso tempo, però, l’uso di espressioni come «in modo ininterrotto» e «inversione» tende a semplificare eccessivamente l’andamento reale dei dati, che appare più come una discesa seguita da una lunga fase di stagnazione e da rimbalzi parziali.

Il focus sull’Italia

La dichiarazione di Meloni contiene però anche un’affermazione più specifica: secondo la presidente del Consiglio, in Italia il calo dell’indice della produzione industriale «si è interrotto ad aprile del 2025». Per verificare questo passaggio, serve guardare alle variazioni dei dati mensili, cioè a quanto la produzione è cambiata da un mese all’altro e rispetto all’anno precedente.
Questo secondo grafico – basato su dati ISTAT, gli stessi usati da Eurostat – mostra due misure diverse. La variazione congiunturale (rosso) indica quanto la produzione è cambiata rispetto al mese precedente. La variazione tendenziale (azzurro) confronta invece un mese con lo stesso mese dell’anno prima, e serve a capire se il livello della produzione sta recuperando o meno su base annua. Tra ottobre 2022 e ottobre 2025 la variazione tendenziale dell’indice è stata positiva solo in tre mesi su 37, di cui 20 di fila (tra febbraio 2023 e giugno 2025). La variazione congiunturale, invece, è stata negativa in 18 mesi.

Guardando ad aprile 2025, non emerge una discontinuità evidente. In quel mese la variazione congiunturale non segnala una crescita chiara e stabile rispetto a marzo, mentre la variazione tendenziale resta negativa. Questo significa che, anche in presenza di oscillazioni e di alcuni rimbalzi nei mesi successivi, la produzione continua a essere inferiore rispetto all’anno precedente.

I dati suggeriscono quindi una fase più graduale e incerta: nel corso del 2025 compaiono alcuni segnali di miglioramento, ma sono intermittenti e non sufficienti a indicare un vero cambio di fase già ad aprile. Parlare di «interruzione del calo» in un mese preciso appare quindi una forzatura rispetto a ciò che mostrano i numeri.

Tiriamo le fila

Nel complesso, quindi, le parole di Meloni si basano su elementi che nei dati esistono, ma li presentano in modo più netto di quanto consentano le statistiche disponibili.

La produzione industriale è effettivamente in difficoltà anche nel resto d’Europa e non solo in Italia, e nel corso del 2025 compaiono alcuni segnali di miglioramento rispetto ai mesi precedenti. Allo stesso tempo, però, i numeri non mostrano un calo continuo e senza pause nell’area euro a partire dal 2023, né indicano un punto di svolta chiaro e riconoscibile ad aprile 2025 per l’Italia.

Più che di un’inversione vera e propria, i dati raccontano una fase di rallentamento della discesa e di rimbalzi ancora fragili, che non permettono di parlare di una ripresa consolidata.

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